Crisi in Libano. P. Abboud (Caritas): “I benefattori di ieri sono i poveri di oggi”. Il “grazie” a Papa Francesco
Il prossimo 1° luglio Papa Francesco ha convocato in Vaticano i principali responsabili delle Comunità cristiane presenti in Libano, “per una giornata di riflessione sulla preoccupante situazione del Paese e per pregare insieme per il dono della pace e della stabilità”. In vista dell’incontro il Sir ha chiesto al presidente di Caritas Libano, padre Michel Abboud, di tratteggiare un quadro della crisi nel Paese dei Cedri.
Da Agensir 25 giugno 2021 Daniele Rocchi
Richiama l’annuncio di Papa Francesco, all’Angelus del 30 maggio, padre Michel Abboud, presidente di Caritas Libano, per commentare al Sir quello che considera “un evento significativo che dimostra ancora una volta come il Pontefice abbia a cuore le sorti del nostro Paese per il quale auspica un futuro stabile e sereno”. “Davanti a tanta confusione politica, alla crisi economica che ci attanaglia – afferma al Sir padre Abboud – è facile sentirsi abbandonati e soli, mail Papa ancora una volta rivolge il suo sguardo paterno al nostro Paese.
Uno sguardo benevolo e attento che conferma la Chiesa locale come un punto di riferimento per tutto il nostro Paese e dona ulteriore significato allo spirito religioso del nostro popolo”.
“Questo incontro – aggiunge – deve aiutarci a pensare alla resurrezione del Libano dove la presenza cristiana ha una sua chiara identità così come stabilito dal suo ordinamento politico su base confessionale. Non possiamo lasciare che il Libano perda la sua strada in questo momento di difficoltà in cui versano i suoi abitanti”.
Senza un Governo da nove mesi. Di questo periodo, proprio un anno fa, padre Abboud affidava al Sir un forte appello alla solidarietà: “ogni giorno lottiamo contro una povertà che cresce sotto i nostri occhi. Abbiamo bisogno di cibo, medicine e vestiti”. La crisi economica e finanziaria senza precedenti, scoppiata ben prima della pandemia di Covid-19, non aveva ancora visto l’esplosione del 4 agosto al porto di Beirut.
[…] “Non avevamo mai patito la fame”. “Dagli inizi degli anni ’70 – ricorda il presidente della Caritas – il Libano ha visto un susseguirsi di guerre civili e tensioni, con morti e distruzioni, ma
i libanesi non hanno mai patito la fame come in questo tempo segnato da crisi economica e dal Covid-19. Chi prima aveva un salario mensile di 1000 dollari oggi ne percepisce non più di 100 con tutto quello che ne consegue per l’acquisto di beni di prima necessità, come cibo e medicine, i cui prezzi, tra l’altro, sono saliti e di cui si registra enorme carenza. Nel Paese abbiamo tanti ospedali fermi perché non sono in grado di fornire prestazioni mediche, operazioni e cure. I feriti e i malati durante le guerre passate non hanno mai avuto difficoltà ad esser curati. Anche le scuole patiscono questa crisi: molti istituti, 11 dei quali gestiti dalla Chiesa, sono rimasti chiusi in questo anno e altre 70 scuole rischiano di chiudere. Professori e medici sono senza lavoro. Solo negli ultimi tre mesi si stima che siano emigrati all’estero 1100 medici e circa 1000 insegnanti. Altri stanno pensando di fare la stessa cosa. In gran parte sono cristiani e questa emorragia mette a rischio anche la presenza e l’identità cristiana libanese”.
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