Giornata del creato: “Guerra distrugge la terra e limita la distribuzione del cibo”
Nel messaggio della Cei per la prossima Giornata del creato, l’invito a tornare al “gusto del pane” viene declinato con alcuni moniti che hanno a che fare con l’oggi
“Chi non è grato non è misericordioso. Chi non è grato non sa prendersi cura e diventa predone e ladro, favorendo le logiche perverse dell’odio e della guerra. Chi non è grato diventa vorace, si abbandona allo spreco, spadroneggia su quanto, in fondo, non è suo ma gli è stato semplicemente offerto. Chi non è grato, può trasformare una terra ricca di risorse, granaio per i popoli, in un teatro di guerra, come tristemente continuiamo a constatare in questi mesi”. È quanto si legge nel Messaggio della Cei per la Giornata nazionale della Custodia del Creato, che si celebra il 1° settembre sul tema: “‘Prese il pane, rese grazie’ (Lc 22,19)’”.
“Una guerra che distrugge la terra e limita la distribuzione del cibo”,
il riferimento all’oggi: “Siamo tutti a rischio di divenire ingrati e rapinatori; ingrati ed ingiusti. E questo verso la creazione, la società umana e Dio”. “Gesù, dopo aver preso il pane nelle sue mani, pronuncia le parole di benedizione e rende grazie”, ricordano i vescovi nel messaggio: “È la gratitudine il suo atteggiamento più distintivo, nel solco della tradizione pasquale. Essere grati è, dunque, l’attitudine fondamentale di ogni cristiano, è la matrice che ne plasma la vita; più radicalmente, è la cifra sintetica di ogni essere umano: siamo tutti ‘un grazie che cammina’. Nel cammino sinodale facciamo esperienza che l’altro e la sua vita condivisa sono un dono per ciascuno di noi”. “Ogni giorno viviamo a motivo di ciò che riceviamo”, il monito della Cei:
“chi non si sente grato diventa ingiusto, gretto, autocentrato e prevaricatore.
È quanto ci insegna la parabola del servo ingrato. Siamo tutti a rischio di diventare come colui a cui è stato condonato un debito abnorme – diecimila talenti – ma, a sua volta, è incapace di fare grazia a chi gli doveva una quantità irrisoria di denaro. E questo perché non si è fatto realmente ‘sconvolgere’ dalla generosità del padrone, né si è lasciato invadere dalla gratitudine: ha vissuto come se non avesse ricevuto nulla; ha continuato a pretendere, tenendo stretto per sé ciò che ha ricevuto, non come dono, ma come diritto. Più che ingiusto è stato ingrato”.
“La condivisione così può diventare stile di cittadinanza, della politica nazionale e internazionale, dell’economia: da quel pane donato può prendere forma la civiltà dell’amore”,