Il Papa: il Concilio insegna a non chiudersi in recinti ma a stare con umiltà fra la gente
Nella Basilica vaticana, dove 60 anni fa prese il via l’assise conciliare, Francesco presiede una solenne celebrazione eucaristica alla presenza di rappresentanti di altre comunità cristiane: torniamo al Vaticano II per superare la tentazione dell’autoreferenzialità, la Chiesa sia libera e liberante, attenta ai più poveri e concentrata su Cristo
Da Vatican News Adriana Masotti – Città del Vaticano
Liberaci dall’autosufficienza, dall’autoreferenzialità, dalle polarizzazioni: Papa Francesco lo chiede al Signore a cui rende grazie “per il dono del Concilio”. Nell’omelia pronunciata alla Messa che celebra il 60.mo anniversario dell’apertura del Vaticano II, il Papa indica alla Chiesa ciò che è fondamentale: l’amore per Dio, la maternità verso tutti gli uomini e le donne, l’umiltà, la gioia, l’unità. E delinea tre sguardi con cui guardare ad essa: lo sguardo dall’alto, nel mezzo e d’insieme.
Lo sguardo alla Chiesa “dall’alto”
Le parole di Francesco commentano il brano del Vangelo di Giovanni dove Gesù chiede per tre volte a Pietro: “Mi ami?”, e per tre volte gli dice: “Pasci le mie pecore”. “Sentiamo rivolte anche a noi, a noi come Chiesa, queste parole del Signore”, dice il Papa sottolineando come il Concilio sia stato “una grande risposta” alla domanda di Gesù. La Chiesa, afferma Francesco, in quell’evento si è interrogata su se stessa, sulla propria natura e missione, scoprendosi “mistero di grazia generato dall’amore”, “tempio vivo dello Spirito Santo!”. Questo, osserva Francesco, è il primo sguardo, perché “la Chiesa va guardata prima di tutto dall’alto”. […]
Concentrarsi su Gesù
Si tratta di tornare all’essenziale, sottolinea, “alle sorgenti del primo amore”, che la Chiesa “sia libera e liberante”, concentrata su Gesù come ha lasciato scritto nel suo Giornale dell’anima, il Papa che quel Concilio aveva convocato […]
La Chiesa sia abitata dalla gioia
Nel suo discorso all’apertura del Concilio, Papa Roncalli aveva parlato della gioia che deve abitare la Chiesa. Francesco ribadisce che la Chiesa “se non gioisce smentisce sé stessa, perché dimentica l’amore che l’ha creata” e prosegue:
Una Chiesa innamorata di Gesù non ha tempo per scontri, veleni e polemiche. Dio ci liberi dall’essere critici e insofferenti, aspri e arrabbiati. Non è solo questione di stile, ma di amore, perché chi ama, come insegna l’Apostolo Paolo, fa tutto senza mormorare. Signore, insegnaci il tuo sguardo alto, a guardare la Chiesa come la vedi Tu.
Lo sguardo nel mezzo: non chiudersi nel proprio recinto
“Pasci le mie pecore”: è questo l’amore che Dio vuole dalla sua Chiesa, dice il Papa, un amore che non “prende per sé”, ma che “si occupa degli altri”. Pietro aveva fatto il pescatore, sarebbe diventato un pastore che “vive con il gregge, nutre le pecore”, sta in mezzo a loro. […]
La Chiesa esiste per servire il mondo
La Chiesa, afferma Papa Francesco “esiste per amare”, non deve “risaltare agli occhi del mondo” ma servirlo. […]
Torniamo al Concilio per uscire da noi stessi e superare la tentazione dell’autoreferenzialità che è un modo di essere mondano. […]
Lo sguardo d’insieme: il pastore vuole il suo gregge unito
Papa Francesco spiega quindi che quando Gesù ha detto “pasci le mie pecore” ha inteso tutte, non ha fatto distinzioni. Questo è il terzo sguardo sulla Chiesa suggerito dal Concilio, lo sguardo d’insieme. La Chiesa è comunione, mentre il diavolo, afferma il Papa, vuol portare la divisione. Il suo invito è allora a non cedere “alla tentazione della polarizzazione”, ma a diventare sempre più “una cosa sola”. […]
Che la Chiesa superi le divisioni e non guardi a se stessa
Che Maria ci aiuti in questo, dice ancora Francesco, e ringrazia i rappresentanti di altre Comunità cristiane presenti oggi alla celebrazione come furono presenti al Concilio. E conclude con l’invocazione al Signore a liberare la Chiesa dai pericoli rappresentati dal guardare a se stessa: no ad autosufficienza, autoreferenzialità, polarizzazioni e disunità, afferma, che la Chiesa possa ripetere come Pietro: “Signore, tu sai tutto; tu sai che noi ti amiamo”.