Denatalità. Di Pietro: “I bambini sono un bene di tutti. La loro cura dovrebbe essere al centro dell’organizzazione sociale”
Il Centro di ricerca e studi sulla salute procreativa dell’Università Cattolica ha promosso un corso per fare il punto sul fenomeno, riflettere sulle cause e proporre nuove soluzioni
Da AgenSir – Gigliola Alfaro
Perché in Italia nascono sempre meno bambini? Che cosa impedisce ad una coppia di realizzare la propria progettualità genitoriale? E, soprattutto, sarà possibile invertire la tendenza? Domande inevitabili di fronte alla lenta e inesorabile riduzione della natalità nel nostro Paese, un fenomeno iniziato in modo evidente a partire dal 2008, ma i primi segnali erano precedenti. A queste domande si è provato a rispondere durante il seminario di studio dal titolo “La denatalità in Italia: eziologia e politiche di intervento”, promosso, nei giorni scorsi, dal Centro di ricerca e studi sulla salute procreativa (Cerissap) della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica. Ne abbiamo parlato con Maria Luisa Di Pietro, che dirige il Cerissap.
In Italia qual è lo scenario attuale?
C’è una scarsa attenzione al problema della denatalità, per anni non è stato considerato una priorità né sono stati attuati interventi sistematici e interdisciplinari. Siamo abbastanza in ritardo rispetto ad altri Paesi, perché probabilmente non si è avvertita l’urgenza del problema, si è pensato che forse la situazione poteva sanarsi da sola o si è pensato di compensare il numero dei pochi nati in Italia con un arricchimento da parte dei bambini provenienti da altri Paesi. La realtà dei fatti, invece, è che i tassi di natalità sono sempre più bassi. Sicuramente c’è stata una riduzione delle nascite in tanti Paesi e non solo europei, però l’Italia è in una condizione di particolare sofferenza. Anni di trascuratezza verso il problema hanno fatto sì che oggi, da un lato, ci chiediamo se potremo tornare indietro e, dall’altro, cominciamo a contare i danni: il capovolgimento della piramide della popolazione con una fetta più numerosa di anziani e sempre meno giovani avrà conseguenze sulla tenuta del sistema statale, ad esempio sul sistema sanitario e sociale.
Certamente, ci saranno ricadute dell’inverno demografico…
Sì, ad esempio su tutto il sistema che si occupa di bambini. Pensiamo, ad esempio, alla continua chiusura dei punti nascita, perché – nell’ottica dell’ottimizzazione delle risorse – i punti dove nascono sempre meno bambini vengono accorpati a punti dove nascono più bambini: continua a leggere