MALCONTENTA (VE): INCONTRO DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI
ecumenismo – settimana Ve 2020
Durante la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, si svolgerà anche quest’anno, il 21 gennaio alle ore 20:45, presso la parrocchia di S. Ilario di Malcontenta la preghiera ecumenica, con predicazione luterana.
Tale iniziativa è inserita nelle celebrazione della settimana di unità dei cristiani della Diocesi di Venezia che si svolge dal 18 al 25 gennaio con il titolo “CI TRATTARONO CON GENTILEZZA”.
INTRODUZIONE TEOLOGICO-PASTORALE
Ci trattarono con gentilezza (Atti 28, 2)
Il materiale della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani del 2020 è stato preparato dalle chiese cristiane di Malta e Gozo (Christians Together in Malta). Il 10 febbraio, a Malta, molti cristiani celebrano la Festa del Naufragio dell’apostolo Paolo, commemorando e rendendo grazie per l’arrivo della fede cristiana in quelle isole. Il brano degli Atti degli Apostoli proclamato in occasione della Festa è lo stesso scelto quale tema della Settimana di preghiera di quest’anno.
La narrazione inizia con Paolo condotto prigioniero a Roma (Atti 27, 1ss): è in catene, ma anche attraverso di lui, in un viaggio che si rivelerà pericoloso, la missione di Dio continua.
L’episodio ripropone il dramma dell’umanità di fronte alla terrificante potenza degli elementi della natura. I passeggeri della barca sono alla mercé del mare violento e della poderosa tempesta che infuria intorno a loro. Sono forze che li spingono verso approdi sconosciuti, e si sentono persi e senza speranza.
Le 276 persone sulla barca si distinguono in gruppi: i soldati, i marinai e i prigionieri. Il centurione e i suoi soldati hanno potere e autorità, ma dipendono dall’abilità e dall’esperienza dei marinai. Sebbene tutti siano impauriti e vulnerabili, i prigionieri in catene sono i più vulnerabili di tutti. La loro vita è sacrificabile, sono a rischio di una esecuzione sommaria (Atti 27, 42). Via via che la storia va avanti, sotto la pressione delle circostanze e nel timore per la propria vita, diffidenza e sospetto acuiscono le divisioni tra i differenti gruppi.
Ma, inaspettatamente, Paolo si erge quale faro di pace nel tumulto. Egli sa che la sua vita non è in balìa di forze indifferenti al suo destino, ma, al contrario, è nelle mani di un Dio a cui egli appartiene e che adora (Atti 27, 23). Grazie alla sua fede, egli ha fiducia che comparirà davanti all’imperatore a Roma, e può alzarsi davanti ai suoi compagni di viaggio per rendere gloria a Dio. Tutti ne sono incoraggiati e, seguendo l’esempio di Paolo, condividono insieme il pane confidando nelle sue parole e uniti da una nuova speranza.
È questo il tema principale della pericope: la divina provvidenza. Era stata decisione del centurione salpare nonostante il cattivo tempo, e durante la tempesta i marinai avevano preso decisioni su come governare la nave. Ma alla fine i loro stessi piani vengono mandati a monte, e solo stando insieme e lasciando che la nave naufraghi possono essere salvati dalla divina provvidenza. La nave e tutto il suo prezioso carico andranno perduti, ma tutti avranno salva la vita: “Nessuno di voi perderà neppure un capello” (Atti 27, 34; cfr Luca 21, 18).
Nella nostra ricerca di unità abbandonarsi alla divina provvidenza implica la necessità di lasciar andare molte delle cose cui siamo profondamente attaccati. Ciò che sta a cuore a Dio è la salvezza di tutti.
Dunque, persone diverse e in disaccordo tra loro, approdano insieme e “tutti arrivarono a terra sani e salvi” (Atti 27, 44). Imbarcati sulla stessa nave, essi arrivano alla stessa destinazione, dove l’ospitalità degli isolani rivela l’unità del genere umano. Mentre si radunano attorno al fuoco, circondati da persone che non li conoscevano e neppure li comprendevano, le differenze di potere e di condizione svaniscono. Le 276 persone non sono più alla mercé di forze indifferenti, ma vengono abbracciate dall’amore e dalla provvidenza di Dio, resi concreti da queste persone che li trattano “con gentilezza” (Atti 28, 2). Infreddoliti e bagnati, possono ora scaldarsi e asciugarsi attorno al fuoco, ricevere ristoro, ed essere tenuti al riparo finché non possano riprendere il viaggio con sicurezza.
Oggi molte persone affrontano gli stessi pericoli nello stesso mare. I medesimi luoghi citati nelle Scritture (Atti 21, 1; 28, 1) caratterizzano le storie dei migranti di oggi. In varie parti del mondo, molte persone affrontano viaggi altrettanto pericolosi, per terra e per mare, per scampare a disastri naturali, guerre e povertà. Anche le loro vite sono in balìa di forze immense e altamente indifferenti, non solo naturali, ma anche politiche, economiche e umane.
L’indifferenza umana assume varie forme: l’indifferenza di coloro che vendono a persone disperate posti in imbarcazioni non sicure per la navigazione; l’indifferenza di persone che decidono di non inviare gommoni di salvataggio; l’indifferenza di coloro che respingono i barconi di migranti… solo per fare alcuni esempi.
Questo racconto ci interpella come cristiani che insieme affrontano la crisi relativa alle migrazioni: siamo collusi con le forze indifferenti oppure accogliamo con umanità, divenendo così testimoni dell’amorevole provvidenza di Dio verso ogni persona?
L’ospitalità è una virtù altamente necessaria nella ricerca dell’unità tra cristiani.
È una condotta che ci spinge ad una maggiore generosità verso coloro che sono nel bisogno. Le persone che mostrarono gentilezza verso Paolo e i suoi compagni non conoscevano ancora Cristo, eppure è per la loro “inusuale gentilezza” che un gruppo di persone divise viene radunato in unità. La nostra stessa unità di cristiani sarà svelata non soltanto attraverso l’ospitalità degli uni verso gli altri, pur importante, ma anche mediante l’incontro amorevole con coloro che non condividono la nostra lingua, la nostra cultura e la nostra fede.
Nei tempestosi viaggi e nei fortuiti incontri della vita, la volontà di Dio per la sua Chiesa e per tutta l’umanità raggiunge il suo compimento; come Paolo proclamerà a Roma, la salvezza di Dio è per tutti (Atti 28, 28).