Kazakhstan, Francesco: la pace è via di sviluppo tra le follie dei conflitti
Nel primo discorso rivolto alle autorità il Papa definisce lo Stato asiatico “Paese dell’incontro” e si fa portatore del grido contro la guerra in Ucraina: servono leader capaci di generare un nuovo “spirito di Helsinki”. La democrazia e la modernizzazione non siano relegati a proclami, ma siano concreto servizio al popolo
Da Vatican News Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Vengo come pellegrino di pace, in cerca di dialogo e di unità. Il nostro mondo ne ha urgente bisogno, ha bisogno di ritrovare armonia.
Apre così, Papa Francesco, il suo discorso alle autorità, alla società civile e al corpo diplomatico del Kazakhstan che incontra nella gremita Qazaq Concert Hall di Nur-Sultan, centro per le arti dello spettacolo di circa 3 mila metri quadrati, la cui struttura esterna, dalle pareti curve e inclinate, evoca un fiore della steppa, evocando il dinamismo della musica e le vele di una nave. Il Papa raggiunge l’edificio percorrendo la strada che lo separa dal Palazzo presidenziale sulla sedia a rotelle, accompagnato dal capo dello Stato, Kassym-Jomart K. Tokayev.
Necessario l’impegno diplomatico per favorire il dialogo e la pace
Quello del Pontefice è un lungo discorso, ricco di richiami ai valori della democrazia e a quelli promossi dal Paese, che definisce “crocevia di rilevanti snodi geopolitici” e perciò con un ruolo fondamentale nell’attenuare le conflittualità”. Torna indietro nel tempo, alla visita di Giovanni Paolo II, che “venne a seminare speranza subito dopo i tragici attentati del 2001”, e fa un parallelo con la sua, che si inserisce “nel corso della folle e tragica guerra originata dall’invasione dell’Ucraina, mentre altri scontri e minacce di conflitti mettono a repentaglio i nostri tempi”.
Vengo per amplificare il grido di tanti che implorano la pace, via di sviluppo essenziale per il nostro mondo globalizzato. E la pace è questo: via di sviluppo essenziale per il nostro mondo globalizzato. È dunque sempre più pressante la necessità di allargare l’impegno diplomatico a favore del dialogo e dell’incontro, perché il problema di qualcuno è oggi problema di tutti, e chi al mondo detiene più potere ha più responsabilità nei riguardi degli altri, specialmente dei Paesi messi maggiormente in crisi da logiche conflittuali.
Francesco invita a non guardare ai propri interessi, ad evitare rivalità e “il rafforzamento di blocchi contrapposti”.
Abbiamo bisogno di leader che, a livello internazionale, permettano ai popoli di comprendersi e dialogare, e generino un nuovo “spirito di Helsinki”, la volontà di rafforzare il multilateralismo, di costruire un mondo più stabile e pacifico pensando alle nuove generazioni. E per fare questo occorre comprensione, pazienza e dialogo con tutti. Ripeto, con tutti.
Da un passato di oppressione alla cura per l’inclusione
Alla platea che lo ascolta con attenzione, il Papa evidenzia le antiche e belle tradizioni del Paese, gli usi, i costumi e simboli, come la dombra, uno strumento musicale considerato un emblema culturale. Francesco prende spunto proprio dall’utilizzo, lungo i secoli, dello strumento a due corde della famiglia dei liuti per rimarcare la continuità nella diversità e l’importanza, “di fronte ai rapidi cambiamenti economici e sociali in corso, di non trascurare i legami con la vita di chi ci ha preceduto”.