Papa in Sud Sudan: “Soccorriamo il Sud Sudan, non lasciamolo solo”
Pace e speranza: sono le due parole risuonate in Sud Sudan, seconda tappa del viaggio apostolico di Papa Francesco in Africa, compiuta per la prima volta insieme a “due fratelli”: il primate anglicano e il moderatore della Chiesa scozzese. Nel campo di Freedom Hall, l’incontro con gli sfollati e l’omaggio alla resilienza delle donne. Nella Messa a Giuba, l’appello a deporre le armi e l’invito alla comunità internazionale a non abbandonare il Sud Sudan. “Chi si dice cristiano deve decidere da che parte stare”, l’appello nella preghiera ecumenica
Da AgenSir M.Michela Nicolais
Far cessare ogni conflitto, riprendere seriamente il processo di pace perché abbiano fine le violenze e la gente possa tornare a vivere in modo degno”. Come aveva fatto nella Repubblica Democratica del Congo e nel suo primo discorso rivolto alle autorità, anche in Sud Sudan Papa Francesco ha rinnovato “con tutte le sue forze” il suo accorato appello alla pace, risuonato in un Paese martoriato dalla guerra civile e che conta 5milioni di sfollati su una popolazione di 14milioni di abitanti. Non è solo, Francesco: nel pellegrinaggio ecumenico, già consegnato alla storia come una prima assoluta, lo accompagnano in ogni tappa i suoi “fratelli”, l’arcivescovo di Canterbury e primate della Chiesa anglicana, Justin Welby, e il moderatore dell’Assemblea generale della Chiesa di Scozia, Iain Greenshields. Nella Freedom Hall, un campo alla periferia di Giuba, Francesco incontra una rappresentanza dei 2.300.000 sudsudanesi che lo popolano da una decina d’anni. Molti non bambini non hanno mai respirato altra aria che quella del campo, ed è soprattutto a loro che il Papa si rivolge. “Solo con la pace, la stabilità e la giustizia potranno esserci sviluppo e reintegrazione sociale”, il suo appello: “Ma non si può più attendere: un numero enorme di bambini nati in questi anni ha conosciuto soltanto la realtà dei campi per sfollati, dimenticando l’aria di casa, perdendo il legame con la propria terra di origine, con le radici, con le tradizioni”.
“Il futuro non può essere nei campi per sfollati”, tuona Francesco: “c’è assoluto bisogno di evitare la marginalizzazione dei gruppi e la ghettizzazione degli esseri umani”. continua a leggere
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