VOLONTARIATO SUL MONTE BALDO: Associazione “Mondo Unito onlus” un aiuto ai richiedenti asilo
Un figlio di una nostra famiglia, dall’inizio dell’anno, svolge attività di operatore presso una struttura che ospita 80 immigrati richiedenti asilo provenienti dal Bangladesh, Pakistan e India. Ciò ci ha consentito di sentire dalla sua viva voce di questa realtà.
La struttura è ubicata in una zona isolata a più di mille metri di altitudine in località Prada, alle pendici del monte Baldo. Da lui abbiamo potuto comprendere quali erano le esigenze più urgenti: l’aspetto sanitario e l’alfabetizzazione.
Cosa noi avremmo potuto fare?
La Cooperativa che gestisce la struttura accetta aiuto solo se c’è l’intervento di una associazione.
E così l’associazione “Mondo Unito Onlus” che è una organizzazione di volontariato ha potuto stipulare una convenzione. In questo modo alcuni soci potevano avere accesso come volontari nella struttura dei richiedenti asilo.
Persone più strettamente coinvolte in numero di sette.
Rifugiati con i quali c’è stato un certo rapporto sono una trentina più tre educatori.
In data 13 maggio 2016 è iniziato il nostro primo intervento partendo dal nostro paese che dista 45 km per raggiungere località Prada, quasi un’ora di strada. Eravamo tre infermieri, un medico e una volontaria per occuparsi del guardaroba. L’alloggio dei richiedenti asilo è un ex hotel edificato a lato di una bidonvia ora in disuso che quando era in funzione raggiungeva quota 1900 metri del Monte Baldo “La mia sensazione, quando giunsi, quel 13 maggio in questo ex hotel fu di desolazione. Mi sembrava di entrare dentro un carcere, un luogo di confino, con una catena che delimitava l’area di parcheggio auto e che il gentilissimo forzutobodyguard ci ha aperto vedendoci arrivare.
Una sensazione di angoscia pensando che pochi vogliono conoscere questa realtà. Questi, mi sono detto, sono davvero gli ultimi, ma veramente ultimi, nessuno, sembra di capire, vuole avere a che fare con loro. Mi venivano alla mente le tante difficoltà che l’operatore nostro amico doveva aver affrontato, le porte chiuse che si era trovato davanti, perciò era contento che come associazione noi potessimo essere in qualche modo di aiuto…
Quel pomeriggio iniziammo le visite mediche in un ambulatorio medico improvvisato sul momento, un lenzuolo delimitava un angolo di un grande salone adibito a magazzino e ad altri usi.Via via che i rifugiati entravano affioravano alla mia mente varie domande: che futuro ci poteva essere per queste persone? La loro richiesta d’asilo sarebbe stata accolta? Quali sensazioni si possono avvertire quando si è lontano dai familiari e non sai quali cambiamenti potranno accadere nella tua vita?
Mi sembrava che non ci fossero risposte. Avvertivo una situazione di impotenza di fronte ad un problema così enorme, di carattere epocale. Notavo il sorriso disarmante di uno di noi quando essi entravano. Allora mi dicevo che debbo voler bene a loro in questo momento. Questo lo posso fare.
Mi stupiva la calma dell’operatore nostro amico che in mezzo a questo bailamme di richieste a fuoco incrociato: “questa persona che cosa ha? Ci traduci tu? Cosa gli è successo?
Durante la traversata del mediterraneo è caduto in acqua… Sono stati cacciati in malomodo dalla Libia quando è iniziata la guerra… messi sui barconi, spediti in Italia, rubato tutto… Questo accusa dolore alla gamba ecc”. Nella confusione di voler capire, senza avere strumenti adeguati per farlo (il problema della lingua) l’educatore ci aiutava a guardare con calma, serenità e rispetto ogni persona, ascoltandola davvero”
Misurazione della pressione, visite mediche, suggerimenti per una adeguata terapia a seconda del problema sanitario, è stato un pomeriggio intenso, di rapporti con i rifugiati che hanno avuto un seguito per mettere in atto gli esami ai quali dovevano essere sottoposti.
Una di noi a sue spese ha provveduto ad acquistare farmaci da banco (colliri, pomate lenitive ecc.) per l’uso delle persone che ne avevano necessità. Le settimane successive uno di noi è ritornato due volte per eseguire i prelievi di sangue prescritti, portandoli poi presso il laboratorio analisi dell’ospedale di Bussolengo. Si è i provveduto a fissare varie prenotazioni ed eseguire visite mediche, aiutando l’educatore che accompagna il richiedente asilo attraverso i meandri della burocrazia.
Una nostra volontaria ha coinvolto Sara, una fisioterapista, che ora si reca regolarmente presso i richiedenti asilo che accusano ricorrenti dolori articolari. La fisioterapista impartisce loro nozioni di igiene posturale, dando ad ognuno consigli specifici ed insegnando esercizi di rinforzo muscolare.
Oltre le sette persone volontarie che operano a nome dell’associazione nell’assistenza sanitaria e guardaroba, altre figure professionali sono state coinvolte, ciò è accaduto in occasione di una visita, di una richiesta di esame ecc. Questa disponibilità a volte inaspettata, crediamo si sia potuta concretizzare per i rapporti di stima, di fiducia che in vari anni di lavoro in ospedale di due nostre volontarie hanno potuto costruire con tante persone, sia medici che altri operatori.
Ed è stato così che varie figure specialistiche hanno dato il loro aiuto gratuito: un ortopedico, un cardiologo, un infettivo logo, un chirurgo, una psicologa e altri.
In luglio il richiedente asilo H. si è sottoposto ad esami al gomito ed è stato visitato da dott S. specialista ortopedico, il quale si è rivelato molto disponibile per questa necessità e ha anche dato il numero del suo cellulare a qualora ci fosse ancora bisogno di lui. In seguito a questa visita H. è stato ricovero in ortopedia a Bussolengo per un intervento chirurgico. Dimesso il giorno seguente H. ha potuto pranzare con una nostra famiglia, dialogare con i figli e in quella occasione ha detto: “questa è la mia famiglia italiana”.
M. racconta:
“Alcuni giorni fa con l’operatore Paolo abbiamo accompagnato T. a fare una visita di controllo dall’ematologo che gli ha prescritto esami del sangue e raggi al torace. Ormai eravamo fuori orario per il prelievo ma ci siamo comunque recati in laboratorio sperando di incontrare una persona disponibile e così è avvenuto davvero. E’ arrivata una tecnica che conoscevo e si è resa subito disponibile coinvolgendo una dottoressa per il prelievo e anche l’impiegata per la registrazione. Non solo, lo ha poi accompagnato a fare un altro prelievo da effettuarsi in pneumologia. Ringraziandola le ho detto che è stata veramente provvidenziale. E lei: “passavo di lì perché mi è venuta voglia di prendere un caffè”.
L’educatore era stupito di avere concluso tutto nel giro di poco tempo e che fosse andato tutto così liscio. Gli ho detto che finché aspettavamo in laboratorio avevo chiesto a Dio che mi mandasse la persona giusta. E lui: “ah ora capisco”. Al ritorno passando da casa ho chiamato mio marito che uscisse a salutare T. e gli abbiamo detto che lo aspettavamo a pranzo. Mi sembrava che così insieme gli facessimo respirare un po’ di famiglia. L’educatore P. ci ha poi raccontato che durante il viaggio di ritorno si è aperto raccontando della sua famiglia e dei maltrattamenti subiti in Libia”.
Domenica 14 agosto il richiedente asilo M. è stato operato di urgenza c/o l’ospedale di Bussolengo per ulcera perforata.
“Questa mattina dopo la messa siamo stati da M. (richedente asilo di Prada), operato d’urgenza ieri notte per ulcera perforata. Stava piangendo per il male. Gli abbiamo asciugato le lacrime e fatto un po’ di coccole…lavato il viso le mani.. diceva che siamo la sua mamma e papá italiani. Poi, ci sembrava di capire che la sua mamma e papá non sapevano…invece ci voleva dire che erano morti e assicurarsi che finchè stava in ospedale saremo andati a trovarlo. Oggi pomeriggio torneremo anche per portargli della biancheria”.
Nel corso dei 10 giorni di degenza due volontari infermieri si sono alternati nell’assistenza. M. tutte le mattine, prima di iniziare il lavoro, si è recata da M. per aiutarlo nell’igiene personale, come si fa per un familiare, sostituita il sabato e la domenica dall’altro volontario.
Tutti i pomeriggi altri due volontari si recavano per una visita o per rifornirlo di biancheria.
Ripensando alla collaborazione che abbiamo potuto sperimentare con varie figure professionali che ci sono state di aiuto, ci è venuto da pensare a quanto sono importanti i rapporti personali, rapporti che, nel nostro caso, sono stati costruiti nel corso di vari anni (di vita lavorativa in ospedale), di stima, di amicizia, di inviti a cena nel calore di una famiglia, rapporti disinteressati che miravano a costruire una fraternità con tutti.
Noi volontari nei nostri interventi con i richiedenti asilo cerchiamo principalmente di privilegiare l’aspetto dell’ascolto, consci che siamo di fronte a problemi di portata enorme, dove anche le soluzioni sembrano impossibili, pensiamo tuttavia sia importante che la persona possa sentirsi capita e possa raccontare di sé, dei suoi dolori fisici e psicologici… chissà se forse l’ascolto, il far sentire un’amicizia può davvero aiutare a raggiungere un certo equilibrio almeno, per chi ha vissuto esperienze di grande dolore nella sua vita.
Con gennaio 2017 è cambiata la Cooperativa che gestisce l’accoglienza dei profughi in località Prada e non è stato possibile trovare un accordo per continuare ancora la collaborazione con la nuova Cooperativa subentrata. Una famiglia di volontari tuttavia ha sempre continuato a far visita ai profughi mantenendo il rapporto e portando loro del vestiario ecc..
Accoglienza in famiglia
Per 9 mesi una famiglia ha accolto in casa un ragazzo afgano il quale aveva concluso il suo percorso nel Centro di accoglienza ottenendo il permesso di soggiorno. Stando in una famiglia ha potuto terminare la scuola per il diploma di terza media. E’ stato accolto non senza tante incognite, anche perché il mese dopo il suo arrivo tornava a casa, dopo lungo ricovero, un familiare tetraplegico.