A 70 ANNI DA UN’ESTATE SPECIALE
Città Nuova ha pubblicato nel 2018, la storia del “Paradiso 49” raccontata a puntate da Fabio Ciardi, una storia emozionante per il carattere straordinario dei fatti che narrava. L’editrice Città Nuova pubblica ora in un libro l’intero racconto “Viaggiando il Paradiso”.
Roberto di Pietro ci racconta quanto ha vissuto nella parrocchiale di Transaqua il 16 luglio.
La messa in scena delle pagine salienti di questo racconto, proprio a Primiero, nei luoghi in cui quei fatti avvennero settant’anni fa è un’avventura a sè, di una profondità ed un’emozione che può lasciare a tratti senza parole.
E’ avvenuto nella chiesa parrocchiale S. Marco di Transaqua, a Primiero (Tn), proprio il 16 Luglio, anniversario del “Patto” tra Chiara Lubich ed Igino Giordani. È il “Patto di unità” che spalancò le porte del cielo a Chiara ed al “drappello” che era con lei ed aprì un periodo di grazie straordinarie per il Movimento dei Focolari e per la chiesa stessa. Chi ama andare per il sottile sostiene che, in realtà, proprio da quel “Patto” del 16 Luglio 1949 sarebbe veramente nato il Movimento.
La Scuola Abbà è il Centro Studi del Movimento dei Focolari fondato da Chiara Lubich nel 1990 e da lei stessa personalmente diretto fino alla sua morte.
In questi giorni la Scuola Abbà si è riunita a Tonadico, in seduta allargata, nella sala di palazzo Scopoli, a pochi passi dalla Baita Paradiso.
Proprio a conclusione del seminario la Scuola Abba ha offerto a tutta la valle lo spettacolo pubblico RE-COR-DARI, messa in scena delle parti salienti di “Viaggiando il Paradiso”.
La chiesa era gremita; c’erano l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi, il presidente vicario dell’Opera di Maria Jesus Moran, il Preside dell’I.U. Sophia, il teologo Piero Coda, il Vescovo dublinese Brendan Leahy; e, quasi ospite d’onore, c’era Gennadios Zervos il Metropolita dell’Arcidiocesi Greco ortodossa d’Italia, arcivescovo del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e vecchio amico dei Focolari.
La messa in scena del “Paradiso ’49” dà voce ai protagonisti di allora: Chiara, le giovani compagne e compagni: unico non giovanissimo è Igino Giordani, detto Foco, che insieme a Chiara di quell’avventura fu protagonista centrale.
Lo stesso Fabio Ciardi, autore dei testi dà la voce di lettore anche alle parole di Foco e racconta con gli altri giovani attori e musicisti la straordinaria storia di quei giorni.
I narratori sono cinque o sei, quanti erano i compagni di Chiara in quel “drappello” nel ’49; poi, esattamente come fu allora, il gruppo degli interpreti si allarga e diventa un coro. Cantano “Van tutti sulle cime”, canto delle mariapoli d’allora, libero adattamento d’un canto alpino di anonimo del 1916.
Il 18 Luglio ’49 lo Spirito fece “capire a Chiara” chi è Maria. É una rivelazione misteriosa: Maria, creatura di Dio è grande, immensa, è come un cielo che contiene il sole che è Dio stesso…
Quelel di Chiara sono parole ispirate, a tratti misteriose, in un linguaggio che sembra poetico. Anna Benedetti è l’attrice che interpreta in modo profondo, struggente, le parole che Chiara Lubich scrisse in quei giorni; poi intona in modo ieratico “Quando l’amor”, una meditazione di Chiara su Maria che deve esser stata anche la prima o la più antica canzone messa in musica dal Genrosso. Pian piano il pubblico si unisce spontaneamente al canto ed è tutta la chiesa ora a cantare, ma canta in modo lieve, incantato; c’è lievità di paradiso anche nel canto spontaneo che s’alza dal pubblico della sala.
Il mistero di quei giorni, la straordinaria esperienza mistica del Paradiso di Chiara pervade tutti, non può non toccare i cuori. Il racconto narra di un’esperienza straordinaria che non può non coinvolgere.
Il racconto era cominciato con Maria Parolini che interpreta Lia Brunet, l’amica di Chiara, che s’accinge con entusiasmo ad adattare il vecchio fienile della zia ad ospitale casetta per le “pope”, le sue amiche di Trento. C’è il racconto delle altre ragazze di allora: Valeria Ronchetti, interpretata da Nunzia Pitocchi, e Luigina Nicolodi, interpretata da Daniela Ranzi. C’è anche Marco Tecilla, allora poco più che ventenne, interpretato da Andrea Mosca. “Marchetto”, come Chiara affettuosamente lo chiamava allora, viveva quei giorni fatidici fra Tonadico, dove saliva nei weekend, e Trento, dove lavorava durante la settimana e riviveva già alcune esperienze mistiche che Chiara in quei giorni aveva fatto in Primiero.
Maria Stella Marini e Margherita Simion, reali abitanti di questa valle, interpretano nel dialetto di Primiero un avvincente dialogo tra due abitanti del luogo che sono incuriosite ma soprattutto attratte da quelle “pope da Trento”… Attrae il loro sorriso, il loro modo di rapportarsi tra loro e con gli altri; dietro di sé, quelle ragazze lasciano una immaginaria “scia di luce”, come si direbbe oggi; le si immagina quando ad esempio risalgono via Scopoli uscite di chiesa, o quando dalla loro casetta salgono verso San Vittore ove Chiara ebbe peraltro importanti intuizioni in quel fatidico anno di grazie che fu il 1949.
Non c’è scenografia nello spettacolo; solo gli abiti degli attori, ispirati a quell’epoca, gli scarponi, qualche zaino in spalla, bastano, per l’abile mano di Beatrice Ballarini, a rendere l’effetto di una scenografia “virtuale”.
La regia, insieme a Beatrice Ballarini è firmata da Therese Henderson e Simonetta Bungaro, musiciste. L’ultima, in duo col flautista Stefano Franceschini accompagna al piano l’intero spettacolo con musiche del repertorio classico. Gianluca Anselmi, chitarrista, crea momenti di colore in vari tratti del dialogo.
C’è un lungo saluto di Gennadios, il metropolita greco ortodosso che parla della sua chiesa, di Atenagoras, dei felici e lunghi rapporti tra Costantinopoli e Roma. Ricorda che furono tre martiri ortodossi ad evangelizzare il Trentino: chiede all’Arcivescovo Tisi di aprire anche a Trento un luogo di culto che celebri l’unità tra chiese ormai sorelle.
Il pomeriggio è concluso dalla celebrazione eucaristica presieduta da Mons. Lauro Tisi, arcivescovo di Trento.
Un sole abbagliante avvolge, prima del tramonto, la chiesa di San Marco ed il sagrato che pullula di gente serena. E’ una famiglia in festa questo popolo di Chiara.
Il sole che scende dietro al monte Bedolè lancia in alto raggi che ricordano la visione che Chiara ebbe da San Vittore quando, guardando dall’alto i paesi della valle, immaginò, anzi presagì un mondo unito dall’Amore.
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