Non prevalga la cultura del “prima io, i miei, il mio paese”

“Qualsiasi attività politica deve servire e promuovere il bene della persona umana ed essere basata sul rispetto per la dignità di ciascuno.” Così 10 anni fa papa Francesco si rivolgeva al Congresso degli Stati Uniti, ammonendo che in tempi di crisi e di difficoltà economica non si deve perdere lo spirito di solidarietà globale e occorre pensare a quanti si trovano intrappolati nel cerchio della miseria. Un cerchio che, dopo il blocco dei fondi a Usaid e i tagli al budget di altri organismi di aiuti all’estero, è destinato ad allargarsi.

Da Agensir – Gabriele Pipinato

Qualsiasi attività politica deve servire e promuovere il bene della persona umana ed essere basata sul rispetto per la dignità di ciascuno.”
Così 10 anni fa papa Francesco si rivolgeva al Congresso degli Stati Uniti, ammonendo che in tempi di crisi e di difficoltà economica non si deve perdere lo spirito di solidarietà globale e occorre pensare a quanti si trovano intrappolati nel cerchio della miseria. Un cerchio che, dopo il blocco dei fondi a Usaid e i tagli al budget di altri organismi di aiuti all’estero, è destinato ad allargarsi. La terra dei sogni oggi produce incubi. Le conseguenze maggiori ricadono sui più vulnerabili, lasciati all’improvviso senza più alcun sostegno. Si sono rivolti ai nostri uffici tanti organismi cattolici: solo per fare due esempi il Jrs che fa capo ai gesuiti ha subito un taglio di 18 milioni di dollari, l’Avsi di oltre 15 milioni. Costretti loro stessi a procedere a licenziamenti improvvisi, a chiudere servizi essenziali a popolazioni nell’emergenza e a dover reperire altri fondi per la mancata restituzione di quanto anticipato per interventi già realizzati. Le loro voci si accavallano e testimoniano come in un attimo siano stati calpestati diritti, dignità e speranze di intere comunità.
Ci racconta don Dante del Cuamm: “Senza alcun preavviso gli uffici sono stati chiusi e nessuno più risponde, è un dramma per la popolazione e anche per noi”. E ancora “Impegni già presi, contratti firmati, in 24 ore sono diventati carta straccia”.
Sicuramente in questi grandi organismi internazionali c’è molto da migliorare e riformare e cogliamo pure questa crisi come opportunità di riflessione, ma non cancelliamo la solidarietà. Soprattutto, non permettiamo che prevalga la cultura del “prima io, i miei, il mio paese”.

Il 20 gennaio il Presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo congelando i fondi per gli aiuti all’estero dell’United States agency for international development (Usaid), in attesa della revisione dell’efficienza del loro utilizzo e della loro coerenza con la politica estera USA e i valori americani. L’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, fondata nel 1961 dal presidente Kennedy, nel 2024, con un bilancio consolidato di oltre 50 miliardi di dollari, ha erogato aiuti a più di 130 Paesi, fornendo il 42% di tutti gli aiuti umanitari monitorati dalle Nazioni Unite. Al di là di un’esigenza effettiva di riorganizzazione e razionalizzazione, questo blocco, unito a ingenti tagli di budget anche ad altri organismi, come il Bprm (Bureau of population, refugees, and migration), nell’immediato sta mettendo in grosse difficoltà governi, agenzie internazionali, Ong e organizzazioni della società civile in tutto il mondo. Si sono bloccati migliaia di servizi e progetti per i più vulnerabili. Tra azioni legali incrociate e sentenze restano forti preoccupazioni sui valori alla base delle relazioni internazionali e sul prevalere di una visione che rischia di calpestare diritti e dignità.  leggi tutto