“WHI FAI IL BULLO 3.0” – formare i ragazzi a diventare mediatori di conflitti fra pari
Si è svolto a Treviso, presso l’Auditorium Fondazione Cassamarca in Piazza delle Istituzioni, un convegno sul tema: “Whi fai il bullo 3.0”.
Si è trattato infatti del 3° anno consecutivo in cui si è dato spazio ad un nuovo percorso di prevenzione e contrasto del bullismo e del cyberbullismo (ovvero del bullismo via internet) attraverso una metodologia inclusiva, nel senso che prevede l’inclusione del bullo o dei bulli in un percorso di mediazione fra pari.
Non è quindi il preside che interviene né sono i docenti in prima linea che prendono in mano il caso per risolverlo magari con una punizione esemplare, ma sono gli stessi studenti, preparati attraverso un corso di 15 ore in 10 incontri, che, sostenuti naturalmente dai docenti, si prendono cura sia del bullo che della vittima e riescono quasi sempre a risolvere il conflitto in modo soddisfacente per entrambi.
Si potrebbe pensare che magari si tratta di piccoli successi circoscritti a qualche scuola virtuosa, esempi positivi che non possono avere una incidenza importante nella risoluzione di questo grave problema che affligge ormai da molti anni il mondo della scuola. Invece questo sottile pessimismo potrebbe svanire velocemente se si conoscesse a fondo questa nuova metodologia e se tutte le scuole la adottassero.
D’altra parte essa, già da molti anni, è stata applicata con grande successo (ben oltre l’80% dei casi risolti) nelle scuole secondarie del nord Europa nelle quali è prassi, se non obbligatorio, avere un “Mediation Club”.
Cosciente di questo il Ministero dell’Istruzione italiano, su invito della U.E., ha promosso questa metodologia invitando le scuole a farla propria ma, come spesso avviene, si è finito per gravare sui docenti, facendo dei corsi specifici per alcuni di loro, che non hanno avuto l’effetto desiderato perché i docenti non possono avere le competenze specifiche per realizzarla, soprattutto in ambito psicologico, e dovrebbero impegnarsi fra l’altro senza il giusto riconoscimento economico.
Ma cos’è un “Mediation Club”?
E’ un “Gruppo di Mediazione fra Pari”, cioè sostanzialmente un gruppo di una ventina di studenti (rappresentanti di varie classi, selezionati attraverso appositi questionari in modo da raccogliere le più varie sensibilità) che, attraverso un percorso formativo mirato, acquisiscono competenze di mediazione per la gestione e risoluzione di conflitti interpersonali sia direttamente che on-line. L’obiettivo principale è dare ai ragazzi gli strumenti per offrire ai loro compagni e coetanei un servizio di mediazione nella gestione dei diverbi e delle tensioni interpersonali al fine di limitare per quando possibile la loro degenerazione in conflitti gravi con la conseguente necessità di intervento da parte degli adulti.
Il percorso, pur dando rilievo ai potenziali rischi del web, prevede anche la valorizzazione degli aspetti positivi di Internet quali la possibilità di sviluppare campagne di sensibilizzazione su temi sociali e dei diritti umani, l’accesso alle informazioni ed alla conoscenza, la condivisione di materiali formativi e anche quello di fornire un megafono per i propri talenti e capacità espressive.
Il target group individuato come beneficiario del percorso formativo è costituito da studenti in fascia d’età 11-15 (seconda e terza media, biennio superiori) per i quali non sono previste particolari differenze nell’implementazione e può essere realizzato in orario scolastico o extrascolastico. Non è consigliato, ma è possibile, realizzare questo percorso anche con una intera classe dell’Istituto.
Ma torniamo al Convegno che è stato un punto di arrivo ma anche un nuovo punto di partenza per tanti dirigenti, docenti e studenti di diverse province del Veneto.
Dicevamo che si è trattato della terza edizione su questo specifico tema anche se, già da 16 anni la Rete Progetto Pace, che lo ha promosso insieme all’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento Politiche Antidroga, offre alle scuole una formazione di qualità sui temi della Pace, dell’Intercultura, della Prosocialità, dell’Ecologia, ecc.
La Rete Progetto Pace è una Rete internazionale di scuole enti ed associazioni che collaborano per promuovere una Cultura di Pace che, nata a Treviso negli anni 90, è nota principalmente per aver per prima realizzato viaggi umanitari e interculturali nell’est Europa per rappresentanti di scuole ed associazioni dando la possibilità ai ragazzi di consegnare personalmente gli aiuti e di instaurare rapporti duraturi e di amicizia con i beneficiari. Viaggi che si fanno anche adesso, il prossimo è programmato dal 25 al 30 aprile in Bosnia, Croazia e Slovenia.
I ragazzi sono impegnati durante l’anno scolastico a raccogliere fondi ed altri aiuti, ad incontrarsi per incoraggiarsi reciprocamente attraverso la condivisione delle esperienze, a prepararsi adeguatamente alla missione umanitaria.
Importanti nel programma della Rete sono anche gli Stage-Meeting dove i vari gruppi della Rete presentano i loro progetti ed esprimono in forma artistica il loro protagonismo.
L’iniziativa dei Mediation Clubs ed i Convegni sul cyberbullismo sono da considerarsi come una evoluzione di questi ultimi anni dopo che nel 2015 la Rete, attraverso l’Associazione bNET (Essere Rete) formata dai giovani maggiormente impegnati in essa, ha vinto per l’Italia, insieme all’Associazione “Media Education” di Udine un bando europeo insieme ad altri 4 paesi: Germania, Ungheria, Slovenia e Polonia.
Il bando aveva come obbiettivo la realizzazione del progetto “Joining Forces to Combat Cyber Bullying in Schools“ finanziato attraverso il programma dell’U.E. “Daphne”. Il cuore del progetto consisteva nel promuovere una cultura di gestione positiva dei conflitti nella scuola attraverso la sperimentazione di nuove strategie e metodi per prevenire, ridurre e risolvere i conflitti nelle scuole, con una particolare attenzione ai fenomeni di cyberbullismo, in costante crescita negli ultimi anni, che ha visto un’accelerazione significativa con la diffusione degli smartphones che permettono ai ragazzi un accesso personalizzato e pervasivo alla rete e ai Social Networks con nuove e sottili forme di rischio di esposizione dei ragazzi e violenza psicologica nelle loro relazioni.
Una di queste strategie di mediazione dimostratasi molto efficace è il “No Blame Approach” (Approccio Anti-Colpevolizzazione), al fine di favorire un clima relazionale sano e positivo nella scuola.
Un’altra è quella di promuovere nel personale scolastico e nei genitori maggiore consapevolezza delle dinamiche relazionali e dei rischi legati all’utilizzo dei dispositivi digitali e dell’importanza per il loro utilizzo positiva di possedere competenze di gestione costruttiva dei conflitti sia a scuola che e a casa.
Il bando prevedeva naturalmente che in ciascuna delle nazioni partecipanti venisse realizzata una sperimentazione del progetto in due scuole secondarie e, a questo scopo, ciascun gruppo doveva selezionare due esperti in ambito psicologico-pedagogico da inviare in Germania dove sarebbe stato fatto un corso di formazione specifico.
Fatto questo corso, i nostri due formatori hanno realizzato già nel 2015 tale sperimentazione in due scuole di Treviso dove hanno costituito i primi due “Mediation Clubs”, mentre nel 2016 si è continuato in altre due scuole. A questo punto si trattava di reperire i fondi per poter continuare l’esperienza (il costo varia dai 500 agli 800 euro a seconda della collocazione geografica della scuola).
La Regione del Veneto ed alcuni Comuni si sono dimostrati molto sensibili nell’aiutare le scuole in questo senso per cui nel 2017 è stato possibile avviare il corso in cinque scuole, tre a Treviso, una a Belluno e una a Vicenza.
Per il futuro siamo ottimisti perché pensiamo che l’esperienza si possa implementare sia aumentando il numero dei formatori che utilizzando la formazione on-line attraverso le video registrazioni dei 10 moduli realizzati a Treviso.
Il Convegno “Why fai il bullo 3.0” è stato un punto di arrivo perché è stato possibile presentare l’esperienza dei “Mediation Clubs” alle scuole del Veneto che hanno mostrato nel merito un grande interesse.
E’ stato anche un punto di partenza perché ci sembra sia arrivato il momento di poter sviluppare questa metodologia in modo più ampio e con risultati importanti dopo tre anni di sperimentazione.
E’ stato il dr. Ezio Aceti, dopo il saluto delle autorità e la proiezione di un video sulle attività realizzate dalla Rete nel 2017, a parlare ai 560 partecipanti sul tema spiegando quali sono i processi che avvengono nello sviluppo del corpo e del pensiero dei ragazzi quando sono adolescenti e perché parte di essi diventano persone mature e consapevoli mentre altri si perdono o diventano bulli. Diceva infatti, in estrema sintesi, che tutto dipende dalla capacità o dalla incapacità di diventare padroni del proprio corpo, dalla capacità o incapacità di amare l’altro. Capacità che si ottengono attraverso il continuo allenamento, l’autostima e il ricominciare sempre dopo ogni possibile caduta.
Riportiamo alcune delle tante impressioni dei ragazzi che esprimono in modo genuino quanto hanno compreso:
Ritengo il convegno, dice Ilenia, una delle esperienze più significative vissute fino ad ora. Il dottor Aceti aveva un modo di esporre che invogliava qualsiasi ragazzo ad ascoltarlo. Ciò che mi è rimasto più di tutto è stato il momento in cui ha parlato di noi stessi e soprattutto della stima che dobbiamo avere di noi; ho colto questo perché non è facile essere fieri di sé, oppure come ha detto lui, pochi riescono a guardarsi allo specchio e dire di essere belli.
L’incontro fatto a Treviso dice Emanuele, è stato molto importante per me perché ho scoperto alcune cose che non sapevo. Ad esempio non sapevo che se si amano le persone si riesce a vivere meglio e che, anche se si litiga con una persona, e quella persona è dalla parte del torto, tu consapevole di essere dalla parte della ragione devi dirgli scusa.
Il Convegno di Treviso, dice Giorgia, è stato davvero emozionante. Lo psicologo ha detto cose molto importanti sull’adolescenza che credo tutti debbano sapere, anche gli adulti. Con molta normalità ha affrontato argomenti difficili da capire che però mi sono rimasti impressi nella mente. Il primo video sul viaggio umanitario è stato molto bello. Mi ha colpito la gentilezza di tante persone che non hanno avuto tanta fortuna nella loro vita.
Non ho mai sentito, dice Lia, nessuno parlare in quella maniera, molto schietta e diretta. È riuscito ad affrontare argomenti molto difficili per la nostra età, ma allo stesso tempo è riuscito anche a farmi cambiare idea su certe cose”.
L’esperienza fatta a Treviso, dice Alessandro, mi ha l’asciato una emozione e uno stupore immenso nel capire che da una piccola cosa può nascerne una grandissima. Ci ha parlato uno psicologo che raccontava i problemi di noi adolescenti, di quello che proviamo ogni giorno. Ogni parola ti suscitava un interesse e ho capito che la nostra generazione è bloccata per colpa dei social media che ci tengono in trappola.
Le parole dello psicologo, dice Nicole, mi sono entrate nella mente e mi hanno colpito molto perché raccontavano il vero, nel senso che mi rivedevo in quello che diceva e mai me lo sarei aspettata.
Oggi, scrive un anonimo, ho riflettuto e capito molte cose, a me è capitato un caso di bullismo e posso dire che è un’esperienza orribile.
Forse mi è capitato di fare il cyberbullo, scrive un altro anonimo, spero che non mi capiti più.
Grazie a questa esperienza, scrive ancora un’anonima, ho capito quali emozioni prova una persona che viene criticata e attaccata per divertimento dagli altri.
Dopo il dr. Aceti sono andati sul palco un gruppo di ragazzi rappresentanti dei “Mediation Clubs” che si stanno realizzando nel Veneto. Durante il corso loro vengono continuamente stimolati ad esprimere la propria opinione sulle varie fasi di una mediazione attraverso giochi di ruolo, brain storming di gruppo ecc. e alla condivisione di tutto quello che viene proposto.
Hanno pensato allora di far vedere in diretta un aspetto chiave del corso, una specie di esercitazione dal vivo. Si è trattato di analizzare un conflitto, in questo caso attraverso un filmato che racconta un episodio di cyberbullismo, e quindi esprimere non tanto quello che succede, quello che fa il bullo, la vittima o la sua amica, ma analizzare le emozioni, interpretare i vari personaggi per cercare di capire le emozioni che provano queste persone. Infatti cercare di immedesimarsi nel bullo, nella vittima e negli altri personaggi che li circondano è una delle fasi più importanti da attuare prima di poter avviare una qualsiasi mediazione.
Ci è sembrata molto intonata una clip che ci hanno inviato qualche giorno dopo il convegno i ragazzi e i docenti del Mediation Club della Scuola Media Pertini di Ponte nelle Alpi (BL) che commentava le immagini con queste frasi: Un laboratorio per diventare mediatori di conflitti – Il Convegno della Rete Progetto Pace per riflettere e condividere esperienze di cittadinanza attiva – Impariamo ad amare tutti, ad amare sempre, ad amare per primi.
Ma quali sono gli aspetti del corso che forma i ragazzi a diventate mediatori di conflitti fra pari? Esaminiamo i più importanti:
1) L’analisi del conflitto e dei differenti stili personali ed emotivi nell’affrontarlo.
2) La gestione delle componenti emotive che sorgono durante un conflitto e le sue diverse fasi.
3) I social network ed il cyberbullismo con particolare attenzione alle dinamiche di gruppo ed agli aspetti emotivi.
4) Le caratteristiche della mediazione e le qualità per essere un buon mediatore. L’importanza dell’ascolto attivo.
5) Le cinque fasi della mediazione: apertura, analisi, comprensione, soluzione e contratto. La soluzione non la trovano i mediatori ma gli stessi protagonisti del conflitto.
Una volta finito il corso i ragazzi sono pronti a passare all’azione, infatti essi non hanno assistito a lezioni di mediazione ma su ogni aspetto o fase hanno fatto numerose simulazioni ed esercitazioni utilizzando spesso i giochi di ruolo.
Andranno così a parlare nelle classi dei loro coetanei per portarli a conoscenza del servizio che possono offrire. Si posizioneranno, specialmente durante gli intervalli, in vari punti della scuola facendo le cosiddette “sentinelle” per rilevare eventuali conflitti ed intervenire prima che possano degenerare. Saranno disponibili ad ascoltare i loro compagni di scuola che verranno loro indirizzati dai docenti o dal dirigente per mediare situazioni di disagio, problematiche varie, conflitti o episodi di bullismo ecc. Sapranno mediare le situazioni spiacevoli che possono insorgere, ad esempio, nelle assemblee di Istituto e così via.
Contrariamente a quello che si può pensare, ho sempre potuto apprezzare, in tutte le scuole dove si è sperimentato il corso, la disponibilità e l’entusiasmo dei ragazzi nel proporsi in questo ruolo, segno che la mediazione fra pari è molto sentita da loro che sempre più manifestano la convinzione di un possibile successo. Non avviene lo stesso invece per i docenti i quali non sempre sono convinti che affidando loro questo delicato incarico possano davvero farcela, d’altra parte il loro sostegno è fondamentale perché i ragazzi hanno sempre bisogno della presenza rassicurante degli adulti che li incoraggiano dietro le quinte.
I ragazzi (parliamo di età fra i 13 e i 16 anni) sono stati protagonisti anche di un questionario anonimo on-line i cui risultati sono stati diffusi in diretta sul grande schermo, ecco i più significativi:
In famiglia ti pongono dei limiti sulla quantità di tempo che dedichi alla tv o ai videogames?
No: 62,9%
Ti vengono date regole nell’utilizzo del cellulare?
No: 71,2%
Discuti coi tuoi genitori sui videogiochi che puoi usare?
No: 65,9%
Ti è capitato di giocare a videogiochi di simulazione di giochi d’azzardo?
Si: 17,6%
Ogni quanto controlli il tuo cellulare quando non sei a scuola?
Almeno ogni 5 minuti: 56,8%
Se per qualche motivo, improvvisamente, non potessi avere il cellulare per una giornata, come ti sentiresti?
Nervoso: 26,8%, infastidito: 26,8%, in ansia: 23,2% in panico totale: 5,4%, indifferente: 47,6%, mi andrebbe bene: 1,2%
Fai acquisti on-line?
Coi genitori: 45,3%, da solo: 23,5%
Il convegno si è concluso con uno spettacolo teatrale della Compagnia “Teatro della Gran Guardia” di Padova dal titolo: “Faceless”, interpretato dagli attori Eleonora Fontana e Nicola Perin che racconta la storia di Eli, una ragazza come tante, in età scolare, che viene presa di mira da qualcuno. La sua vita cambia in breve tempo: le amiche le voltano le spalle, lei si vergogna di andare a scuola, vuol rimanere chiusa in casa, vuole scomparire.
Solo un amico, Nico, le sarà vicino, le farà da supporto e tenterà di aiutarla. Ci riuscirà?
Uno spettacolo che fa riflettere, che rappresenta un aspetto celato della nostra società, che potrebbe riguardarci da vicino.
Alla fine dello spettacolo un grande applauso seguito dal dibattito con la Compagnia Teatrale, poi colloqui personali e di gruppo, abbracci e sorrisi. Nel pomeriggio si continua con il dr. Aceti che incontra solo i professori per approfondimenti sulla relazione docenti-studenti.
Giuseppe ProvenzaleS
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Potete far riferimento al sito www.reteprogettopace.it oppure scriverci a direttivo@reteprogettopace.it, presidentebnet@reteprogettopace.it.