EFFETTO CORONAVIRUS – BANCO ALIMENTARE + 40%
22 aprile 2020 Patrizia Caiffa
L’emergenza sanitaria per il Coronavirus, con le conseguenze del lockdown, si sta rapidamente trasformando in emergenza sociale: “Abbiamo raggiunto il picco di aumento del 40% come media nazionale, con punte sicuramente più alte in Campania, Calabria e Sicilia”:
In tutta Italia è boom di richieste e distribuzione di cibo a persone e famiglie in difficoltà. L’emergenza sanitaria legata al Coronavirus si sta velocemente trasformando in emergenza sociale, dai risvolti ancora più preoccupanti nel lungo periodo.
Questo è l’allarme lanciato oggi al Sir da Giovanni Bruno, presidente nazionale del Banco Alimentare, la rete nazionale che da 30 anni raccoglie cibo (prodotti a lunga conservazione e freschi) da aziende e cittadini e lo distribuisce alle persone in difficoltà in tutta Italia
Normalmente nelle strutture locali vi operano 1800 volontari ma con il lockdown sono venuti meno gli over 65. Ora sono circa 1200-1300, grazie alla disponibilità dei giovani, tra cui molti che si sono avvicinati per la prima volta al volontariato. Fino ad un mese fa il Banco alimentare arrivava a soddisfare il bisogno di 1 milione e mezzo di persone in povertà. Oggi questo numero è destinato, purtroppo, a crescere ancora, con l’ingresso di persone e famiglie che mai prima d’ora avevano sperimentato questa condizione.
Decine di telefonate al giorno. “Prima al nostro centralino nazionale arrivavano una o due telefonate di singoli cittadini – racconta Bruno -. l’uscita dalla crisi sanitaria non porterà automaticamente alla soluzione dei problemi sociali. Anzi, il contrario: “Le cifre sono destinate ad aumentare. Bisogna tenere alta l’attenzione a lungo termine, altrimenti è a rischio la coesione sociale”.
Aumentano le richieste ovunque. Il Banco alimentare, come la Caritas e tante altre organizzazioni del terzo settore che operano nei territori, sono le prime realtà ad accorgersi dei mutamenti sociali.
A Cosenza, ad esempio, dalle 60 persone aiutate normalmente si è passati in due settimane a 600.
I nuovi poveri sono coloro che hanno perso il lavoro e non possono utilizzare lo smart working; le persone impiegate nel sommerso che non godranno di particolari sussidi o aiuti governativi e non hanno risparmi accantonati. Agli oltre 5 milioni di poveri registrati negli ultimi dati se ne stanno aggiungendo infatti molti altri, tra quei 3,7 milioni di persone che Istat stima come lavoro irregolare.
Le persone sono smarrite. L’emergenza sanitaria, il lockdown, hanno prodotto anche grande disagio psicologico oltre che economico. “Le persone sono smarrite, non hanno punti di riferimento e non sanno a chi chiedere aiuto – spiega Bruno -. Per questo nelle prossime fasi sarà importante che il terzo settore sappia organizzarsi in partnership per dare risposte ai diversi bisogni, con il sostegno del profit e delle istituzioni”.
In partenariato con i Centri operativi comunali. Aumentano anche le realtà che si rivolgono al Banco alimentare per fare solidarietà nei rispetti territori. “Su questo punto siamo molto rigorosi, chiediamo grande serietà e facciamo verifiche – puntualizza il presidente -. Non tutti possono accreditarsi con noi: ad esempio se fanno discriminazioni sulle persone da aiutare o non devono soddisfare bisogni reali.
Tanta solidarietà. Il Banco alimentare ha perciò lanciato raccolte fondi e sollecitato le grandi catene di distribuzione a promuovere iniziative come la “spesa sospesa”. “Le industrie alimentari che solitamente contribuiscono hanno risposto con grande generosità – afferma Bruno -, aumentando le quantità. E sono arrivate aziende nuove, che prima non collaboravano. Non abbiamo avuto difficoltà a reperire cibo”. Tra le tante storie belle è in corso la solidarietà dei detenuti nelle carceri, che hanno raccolto soldi per donare alimenti tramite il Banco Alimentare. L’auspicio del presidente è che “una volta spenti i riflettori, come dopo i terremoti, la solidarietà a lungo termine non venga meno. La dimensione del cibo non è secondaria se si lavora in una logica di inclusione e coesione sociale”.
Tratto da Agensir.
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