EMPORIO DELLA SOLIDARIETÀ – NON SOLO SOLIDARIETÀ
L’esperienza di tre volontari ci fa entrare in questo ambito dove convivono solidarietà, inclusione, fratellanza
Emporio della solidarietà: un’esperienza partita un po’ in sordina qualche anno fa e che sta prendendo piede in alcune realtà parrocchiali. Per saperne di più Abbiamo intervistato tre volontari.
Daniela, puoi dirci in sintesi cos’è l’Emporio della Solidarietà?
Un paio di anni fa ho sentito parlare in parrocchia di questa nuova realtà che si sarebbe aperta. Un nuovo modo di concepire la “carità” verso i poveri della nostra comunità, più moderna, più rispettosa, con il superamento dei pacchi viveri erogati una tantum.
Il Centro di Ascolto Parrocchiale accoglie le domande degli utenti, in base ai parametri ISEE familiare e alla realtà complessiva del nucleo familiare. Successivamente a ciascuna famiglia che ne ha diritto, in base ai parametri verificati, vengono assegnati dei punti-spesa. Con questi punti ciascun utente accede all’Emporio per fare la spesa secondo le esigenze della sua famiglia. L’Emporio è come un piccolo supermercato in cui a ciascun prodotto, anziché essere attribuito un prezzo, sono attribuiti dei punti. Le cose più utili e “adeguate” ad un’alimentazione “sana” costano meno punti, quelle più “superflue” (es. dolci ecc.) costano di più. Alla base c’è anche un progetto di educazione alimentare.
Penso che all’interno dell’Emporio ci siano diversi compiti. Tu cosa fai?
Io ho dato la disponibilità per l’accettazione e la cassa. L’Accettazione è il momento in cui ciascun utente arriva all’emporio e si verifica, in base al codice fiscale, la sua presenza nel data base e il numero di punti che ha a disposizione.
E la cassa come funziona?
La Cassa è proprio come una cassa del supermercato in cui si strisciano i prodotti e si eroga lo scontrino con i punti spesi. Non si tratta solo di strisciare la merce ma anche capire quando la persona ha preso troppe cose e non ha punti sufficienti, cosa le serve maggiormente. Quindi cerco cortesemente di far scegliere loro i prodotti o inserire per prime le cose essenziali.
Cosa ti ha spinto a dare la tua disponibilità in questo servizio?
Oltre alla validità del progetto in sé, è stata proprio questa predilezione verso gli “ultimi” che da sempre Chiara Lubich ci ha messo in cuore. Ricordo sempre che lei, a Trento, ha cominciato ad amare “per primi” i poveri della sua città.
Cerco di vedere in ciascun utente un “Gesù da amare”, quindi accogliere ognuno con un sorriso e con molta gentilezza.
Tu, Alessandra, cosa ci dici del tuo impegno?
Dalla parrocchia chiedevano aiuto per l’emporio della solidarietà attraverso donazioni sul conto corrente o disponibilità di tempo come volontari alla distribuzione degli alimenti.
Subito con Marco abbiamo pensato di fare un bonifico, ma questo gesto non mi lasciava del tutto tranquilla. Dopo qualche settimana ho maturato che quella richiesta era rivolta personalmente a me e ho aderito all’invito.
All’inizio i miei familiari non volevano che andassi in presenza a causa dei contagi. La soluzione fu di fare un po’ di segreteria usando il telefono. Tenere le relazioni con gli assistenti sociali, con gli utenti, collaborare col direttivo. Coordinare il centro d’ascolto, l’officina culturale, e …tantissime altre cose e tutte bellissime.
Spesso non è facile interagire: opinioni diverse, conflitti… ma sempre con lo spirito di amare per primi, amare tutti, amare sempre.
Quindi lavoro solo al telefono?
Direi di no. Quando posso mi reco all’emporio per dare una mano e ogni volta che vado cerco di dare tutto quello che posso. Rientro sempre a casa molto stanca ma con il centuplo.
Proprio ieri ho toccato con mano la frase del vangelo “date da mangiare agli affamati”. Una signora marocchina, con 4 figli non poteva venire in emporio perché operata allo stomaco e col marito positivo al covid in quarantena. Ho pensato di provvedere io ed ho portato due borse di cibo e pannolini per i bambini. Naturalmente con tutte le precauzioni e da lontano, sul pianerottolo, ho visto quello sguardo di chiara sofferenza ma anche pieno di gratitudine.
Anche Luca ha qualcosa da raccontarci.
Sono stato coinvolto nell’attività dell’emporio dal parroco che cercava, insieme ad altri organizzatori, un responsabile che si occupasse della logistica e delle relazioni con i volontari.
Sono da poco in pensione e ho pensato che potevo accogliere il suo invito. Mi è stato consegnato un elenco di 50 persone che non conoscevo e in molti casi non si conoscevano nemmeno fra loro.
Da quello che dici era come organizzare una media azienda. Come hai proceduto?
Ho iniziato organizzando le squadre di volontari per i vari giorni di apertura dell’emporio. Ho sentito che quel momento organizzativo era molto importante per stabilire tra noi volontari un rapporto sereno e cordiale che ci permettesse di essere accoglienti, disponibili e comprensivi.
Ho pensato a Chiara Lubich, a come lei avrebbe accolto le persone che sarebbero entrate.
Allora ho detto ai volontari quello che avevo in cuore, cioè come sentivo che avremmo dovuto essere.
So che l’emporio funziona da quattro mesi: come sta andando?
Posso dire che i rapporti sono cresciuti. Ti racconto due fatti.
Con il responsabile del turno del venerdì, una sera ci siamo confrontati sull’andamento della giornata, su alcune questioni concrete. Alla fine della telefonata mi ha confidato una cosa strettamente personale dicendo che si era sentito di parlare perché mi sentiva uno di famiglia.
In un’altra occasione, una volontaria era impegnata in determinati giorni la settimana in un cammino spirituale. Non voleva rinunciare a quel percorso e mi ha chiesto di trovarle comunque uno spazio per l’attività all’emporio. Mi ha confidato “non voglio rinunciare al clima di famiglia che si è creato e che per me è divenuto “nutrimento”.
Con questo mi sembra che si realizzi un pochino il testamento di Chiara: “Siate sempre una famiglia”.