Immagine simbolica che rappresenta dei lavoratori in una fabbrica

PENSIONAMENTO ANTICIPATO. CONDIVISIONE CON TUTTO IL PERSONALE

I frutti raccolti in tanti anni di lavoro per creare rapporti fraterni e far crescere professionalmente i dipendenti

Lavoro in un’azienda metalmeccanica come Direttore di Produzione, da oltre 17 anni. Qualche mese fa si è concretizzata la possibilità di anticipare di quattro anni il mio pensionamento (dal primo novembre 2021), grazie a quota “100”, riscattando alcuni anni del percorso di laurea, avendo mia moglie venduto un immobile ricevuto in eredità.

L’ho comunicato al Presidente della mia azienda e ai suoi due soci di minoranza, i quali mi hanno espresso la loro gratitudine per il lavoro svolto. Poi ho detto loro che negli ultimi due anni avevo fatto crescere i miei collaboratori, delegando mansioni con maggiori responsabilità, in modo che l’azienda non dovesse risentire della mia eventuale uscita. Come risposta il Presidente mi ha ringraziato, dicendomi che sono stato un buon timoniere.

Il giorno dopo l’ho comunicato anche ai miei colleghi dirigenti e poi ho convocato i miei dieci collaboratori dell’ufficio di produzione per informarli direttamente. Tutti mi hanno espresso gratitudine e stima, unita alla preoccupazione per il futuro, non sapendo chi arriverà a sostituirmi. Ho cercato di tranquillizzarli dicendogli che comunque erano una buona squadra, che avevano saputo prendersi maggiori responsabilità e potevano “arrangiarsi” anche senza di me. A quel punto il capo officina mi dice: “Abbiamo potuto prenderci le nostre responsabilità perché sapevamo che lei era dietro di noi e ci avrebbe sempre supportato.”

Subito dopo ho chiamato i quindici caporeparto e team leaders, per comunicare anche a loro la mia decisone. Anche qui ho ricevuto stima e gratitudine per il mio operato e preoccupazione per il futuro. Un caporeparto poi mi dice: “Se arriva qualcuno al suo posto che mi rompe le scatole e non ci ascolta come fa lei, io mollo tutto e vado in pensione!” Un altro, che lavora in azienda da quarant’anni, mi dice che è la prima volta che un Direttore di Produzione che se ne va, convoca gli operai per condividere la decisione presa. Un altro ancora, in modo confidenziale, mi chiede se può avere il mio numero di telefono personale, per continuare un rapporto, per sentirci ogni tanto. Dopo qualche giorno, un quarto caporeparto mi esprime la sua preoccupazione per il futuro dopo il mio pensionamento, perché si sente in sintonia con il mio modo di lavorare, che dà fiducia alle persone, cercando di creare, pur nell’ambiente di fabbrica, un clima sereno e non vorrebbe perderlo; lo ringrazio e lo incoraggio a continuare così con i colleghi.

Dopo il periodo “Covid” in cui abbiamo dovuto ridurre il personale, non rinnovando i contratti a termine in scadenza, a causa della riduzione dei volumi produttivi, dal mese di maggio si sta intravedendo la possibilità di riassumere qualche lavoratore. Confrontandomi con il Presidente si concorda di cominciare con quattro persone, fino a fine anno. La scelta non è facile: telefono a tanti ex-dipendenti per conoscere la loro situazione lavorativa. A chi ha già un contratto di lavoro, consiglio di tenerselo e che in futuro li avrei ricontattati. Mi concentro allora su chi un lavoro non l’ha ancora trovato.

Chiamo “P”, che ha 57 anni e da agosto dello scorso anno è a casa, che mi dice: “sono pronto subito! Non ho trovato nulla! È così avvilente stare a casa e non trovare niente! Oggi fuori piove, ma in casa mia è entrato il sole! Grazie”.

Poi telefono a “B”, madre di famiglia di circa 40 anni. Mi dice: “ma davvero! Ma quando devo cominciare, ho i bambini da piazzare, devo organizzarmi”. “Non si preoccupi”, le rispondo “si prenda il tempo che le serve”, ma lei: “massimo due/tre giorni sono disponibile”.

Incontro “T”, ha appena trovato un lavoro dopo 8 mesi di ricerca, ma è lontana oltre 20 km e anche lei è madre di famiglia. Mi dice che vuole tornare da noi e che in due giorni si renderà libera. Salutandomi mi dice: “purtroppo c’è il covid, altrimenti l’abbraccerei!”

Mi accorgo che questi 17 anni non sono stati facili (160 km al giorno, un rapporto molto difficile con il vicepresidente, responsabilità molto gravose come la delega per la sicurezza), ma alla fine mi arriva tutto questo centuplo, che sento frutto del dono che Chiara Lubich ci ha dato e che ho vissuto assieme con i fratelli del Movimento dei Focolari. Grazie a questo, anche qui al lavoro, rimangono i rapporti veri, costruiti con tanti.

R.S.