GABRIELLA SEGALLA PICKETT
Il 30 luglio nella chiesa parrocchiale di Montegalda abbiamo salutato per l’ultima volta Gabriella. Di seguito il suo profilo letto durante la celebrazione.
Un gruppo di ragazze, gli occhi luminosi, corre incontro al proprio futuro, diverso per ciascuna di loro, ma unico nel punto d’arrivo come raggi distinti che portano dritti all’unico sole: hanno scoperto che Dio è Amore, ed è Lui questo sole che scalda i cuori ed attira tutti a sé. Gabriella è una di queste ragazze: insieme ad altre amiche, qui in parrocchia a Montegalda, aiutate dal giovane sacerdote allora presente fanno la grande scoperta – attraverso la spiritualità di Chiara Lubich – di un ideale che le affascina e le trascina con sé. Dio le ama immensamente e loro non possono più vivere altrimenti al di fuori di questa luce e senza questa fiamma che arde viva nei loro cuori. Inizia così, per Gabriella e per le altre amiche che via via si aggiungeranno nel corso degli anni – a Montegalda, all’università di Padova, negli Stati Uniti – questa corsa verso il Cielo. Per questo loro gruppo si scelgono anche un nome che le accompagna e che fa da “filo d’oro” capace di legare tutti gli avvenimenti della loro vita: sono le “Sempre Verdi” e fanno proprie le parole che abbiamo ascoltato nella prima lettura: “E noi abbiamo creduto all’Amore”.
Gabriella ha sempre riconosciuto, con certezza e con chiarezza, nei momenti più importanti e decisivi della sua vita, il filo d’oro di Dio che la conduceva dritta a Lui attraverso avvenimenti apparentemente casuali: l’aver scelto la sua grande passione, matematica, all’università; e la matematica l’aveva portata ben presto a proseguire studi e specializzazioni negli Stati Uniti; qui aveva trovato un’amica che le aveva presentato colui che sarebbe poi diventato suo marito… e così via, come in una bellissima storia dentro la quale si lasciava condurre per mano dall’amore di Dio. Ha formato una bella famiglia che ha seguito con amore delicato, forte, fedele; ha dato tutto di sé, sino alla fine, lasciando una scia luminosa che ha toccato il cuore di quanti incontrava.
Eppure la vita di Gabriella non è stata così semplice e lineare: non è stato facile per lei lasciare la famiglia di origine per trasferirsi all’estero; non è stato facile dover sempre fare i conti con una salute estremamente fragile che talvolta la limitava fortemente, ancor prima dell’ultima grave malattia. Ma Gabriella aveva imparato a trattenere per sé ogni ombra e ogni dolore per donare attorno a sé solo luce: ha sempre creduto nel disegno di Dio Amore nonostante la sofferenza e le prove, ha sempre contato sulla forza che le veniva dal condividere la propria anima con le amiche del Movimento dei Focolari con la semplicità e la purezza dei bambini, disponibile più a condividere e a portare le situazioni difficili degli altri piuttosto che a far pesare le proprie.
La grave malattia che l’ha colpita in questi ultimi anni è stata una vera impennata verso il Cielo, trasformando il dolore in amore per la propria famiglia e per chi le stava accanto. A chi condivideva con lei il proprio cammino spirituale, confidava come cercava di voler bene alle persone: al dottore, all’infermiera, agli amici, riuscendo persino a far tirare il dado con scritta l’arte di amare – di solito lo si regala ai bambini in preparazione alla prima confessione o alla prima comunione – persino al suo chirurgo. E poi questa fedeltà a Dio che le chiedeva di perdere tutto ad ogni passaggio che affrontava: gli interventi, la chemioterapia, i controlli, tutti i limiti che si sono presentati progressivamente, fino alla scoperta in questi ultimi mesi di un testo di Chiara Lubich – che ascolteremo più tardi – “Dammi tutti i soli” che l’ha rasserenata ed accompagnata fino all’ultimo abbraccio in Dio.
Quando ascoltiamo pagine di Vangelo come quella delle beatitudini, la tentazione forte è di pensare che siano realtà troppo belle per essere alla nostra portata. Più Gesù ci fa alzare gli occhi al cielo e più noi ci convinciamo che qui sulla terra è tutta un’altra storia. Eppure, guardando alle Beatitudini, che sono la carta d’identità del cristiano, oggi possiamo distinguere chiaramente il volto e la figura di Gabriella che si delineano davanti ai nostri occhi quando Gesù dice: “Beati i miti, perché erediteranno la terra… beati gli afflitti perché saranno consolati”. Mite è chi cede, piuttosto che arrabbiarsi; chi non vuole dominare, e non sopraffa nessuno; chi ama è sempre mite. E se il potere di questa terra è appannaggio dei furbi e dei forti, il regno di Dio appartiene ai miti e ai buoni. E la malattia ha fatto sì che Gabriella si conformasse sempre più al volto del Cristo crocifisso e risorto, ad essere segno di speranza, a farsi con la sua serenità nel sopportare il male segno dell’amore di Dio che sa cambiare la notte del dolore in aurora di vita.
Così ci ritroviamo oggi a ripetere le parole di fede di S. Agostino in occasione della morte di sua madre Monica: “Signore, non ti chiediamo perché ce l’hai tolta, ma ti ringraziamo perché ce l’hai data”. Il Signore ci mette al fianco, nel cammino della vita, delle anime belle per rendere più vivibile e umano questo nostro mondo, per continuare a dirci di avere il coraggio e la forza di credere sempre nell’amore.
Affidandola all’amore e alla misericordia senza limiti di Dio, siamo certi che le sofferenze di questi anni sono state per Gabriella un anticipo di Paradiso che l’hanno senz’altro purificata e preparata all’incontro con Lui. Dal cielo Gabriella vegli in particolare sulla propria famiglia, sulle amiche e anche su questa comunità che l’ha generata e cresciuta nella fede, certi davvero che, se tutto passa, solo l’amore rimane per sempre.