I GIORNI DELLA CONSAPEVOLEZZA E DELLA MISERICORDIA
Questo periodo di emergenza sanitaria sta mettendo in risalto i vari aspetti della nostra vita: io sono padre, marito, figlio, fratello, infermiere, amico, confinante… Tutti ruoli che, in questo periodo, mi sembrano amplificati e difficilmente separabili . Per cui fatico, quando sono al lavoro, dimenticare di essere un papà, e quando torno a casa, di essere un infermiere.
I comportamenti che adottiamo in questi giorni assumono un grado di responsabilità che finora non avevo percepito.
Confesso che, alle volte, quando sono a casa e guardo la mia famiglia incolume dall’infezione, mi spaventa dover tornare in ospedale. Come mi spaventa tornare a casa… provo un senso di colpa… perché metto a rischio la salute dei miei familiari.
Succede allora che al lavoro sono portato a dare più del solito: “ora che sono qui deve valerne la pena!” Ma anche a casa cerco di non sprecare le ore in egoismi di sorta, perché è evidente che mi sono state donate, e voglio metterle al servizio della famiglia.
RISCOPRIRE LA MISERICORDIA
Inoltre sento importante rivalutare e riscoprire la “misericordia”: l’ho comunicato anche ai colleghi. Viviamo tutti questo periodo sentendoci fragili, timorosi, ognuno reagisce comportandosi in modo diverso, come riesce. Allora è basilare “esercitare la misericordia” filtrando il giudizio nei confronti di chi sbaglia.
In ospedale c’è una gerarchia. Ai livelli più bassi si trovano i più esposti: OSS, infermieri; poi i fisioterapisti, i medici , cioè quelli direttamente a contatto con il rischio che, tesi e stanchi, scagliano le loro polemiche sulle direttive della direzione sanitaria. Ma, pensandoci bene, anche i dirigenti non hanno mai affrontato una situazione così complessa.
Ecco considero questi come i giorni della “consapevolezza e della misericordia”.
L’augurio che mi sento di fare è che, dopo averli sudati, acquisiti, approfonditi… questi due aspetti ci accompagnino a lungo. Quando questa emergenza sarà finita, spero servano a dare un volto nuovo alle nostre città.
Alberto