MEDICO DI FAMIGLIA IN TEMPO DI COVID19

In questo tempo di pandemia non c’è giorno che i media, oltre ad aggiornarci sull’andamento di questa seconda ondata, ci descrivono anche diverse situazioni degli operatori sanitari. Tra questi non si sente quasi mai parlare dei medici di famiglia, di come operano, in quali situazioni si vengono a trovare.

Abbiamo contattato Alberto Marsilio, medico di famiglia di Mira (Ve).

Quando un tuo assistito viene ricoverato, come continua il tuo rapporto con lui?

E’ importante chiamare i colleghi dell’ospedale, informarsi sulle loro condizioni e poi dare informazioni ai familiari. Anzi sono i familiari stessi che desiderano che sia io a contattare l’ospedale “perché”  mi dicono “sa dottore, lei capisce meglio di me e poi se parla lei…”. In questa maniera  il rapporto con l’assistito continua  anche se ricoverato.

La realtà ci dice che alcuni non ce la fanno. Come vivi questa situazione?

Purtroppo accade anche che, nonostante tutti gli sforzi miei e dell’ospedale, qualcuno in  questo periodo non ce la faccia. Questo è molto difficile da accettare. Perché non sono solo dei pazienti, ma hanno un volto, hanno un nome. Per esempio Mario il falconiere, Giovanni il pizzaiolo, Lucio il meccanico dei motori… Vi racconto solo un fatto, ma ce ne sarebbero tantissimi altri.

E’ l’esperienza di Mario un papà di 42 anni con una bambina piccola di 2 anni e con un ragazzo disabile ancora in famiglia. Il papà, positivo al COVID, si è aggravato ed è stato ricoverato in rianimazione. Il giorno di Santo Stefano mentre ci troviamo tutti a pranzo con la mia famiglia, squilla il telefono. E’ la moglie di Mario. E’ disperata perché, le hanno comunicato che per suo marito non c’è più niente da fare. Sento il dovere di andare lì e chiedo ai miei se sono contenti di questa scelta. Mi dicono di sì e vado in ambulatorio per vestirmi di tutto punto perché in quella casa sono tutti positivi. Vado là. La moglie mi abbraccia piangendo. “Perché” mi dice “Perché proprio a noi, perché questa situazione…” Come capite non ci sono risposte. Anche a me verrebbe di arrabbiarmi, di dire “ma dov’è la giustizia divina, non vedi quanti problemi hanno…”.Resto là senza dare tante spiegazioni, senza dare risposte, ma parlando con lei … Finché dopo qualche ora arrivano degli amici e  così ritorno a casa.

Ma come questa, tante altre esperienze che penetrano l’anima, ma anche tante altre che la rinfrancano, come i molti messaggi, le telefonate di chi, guarito, mi ringrazia oltre che per le medicine date anche per la vicinanza.

Adesso siamo nella seconda ondata della pandemia e non si sa se ci sarà la terza. Come riesci ad andare avanti?

E’ un periodo che dura da tanto tempo, fin dalla prima ondata, e capisci che anche fisicamente e psicologicamente non è facile. Quando arrivo a casa la sera, tardi, sono stremato, sfinito. E qua mi è di grande aiuto la famiglia. Sentirsi accolto con un sorriso, con attenzioni particolari, poter condividere le difficoltà e le preoccupazioni aiuta a ricaricarsi sia fisicamente che psicologicamente. Sento che tutta la mia famiglia vive con me questa  situazione e ciò mi dà la forza per andare avanti.

Dentro di te, cosa ti dice questo periodo così particolare?

Per me è proprio toccare con mano il valore della vita cercando di dare il mio contributo, come tanti altri operatori della sanità, per lenire queste sofferenze, queste piaghe dell’umanità, come ben ci ha ricordato il Papa.  Mi sembra di mettermi in un posticino accanto a “Maria desolata” ai piedi della croce. In particolare mi sono venute in mente le parole di Chiara Lubich che qualche tempo fa ci diceva di “morire per la propria gente, di essere accanto alla nostra gente, a quelli della nostra terra”. Penso però che ognuno di noi, al di là che siamo operatori sanitari oppure no, possiamo chiaramente essere vicini alle persone fragili, alle persone sofferenti. Ascoltiamo ciò che Gesù ci suggerisce e agiamo di  conseguenza. Secondo me questa pandemia,oltre, a questo immenso dolore ci sta dando anche una grande lezione, un grande insegnamento. Tutto è vanità delle vanità, tutto passa e solo Dio resta… e  ci riporta anche all’essenziale dei primi cristiani. Ci dice anche, questa pandemia, che abbiamo bisogno di stili di vita diversi, di rapporti più veri per essere veramente fratelli gli uni gli altri. E’una grossa sfida, ma sento che ognuno di noi dovrebbe accettarla e farla propria.